ALLENATORI e GENITORI

14 Aprile 2008

Qualche sera fa, mentre ero intento a svolgere la mia seduta di allenamento con la mia squadra di Allievi, ho assistito ad un episodio increscioso, dove mi ha colpito negativamente il comportamento di alcuni genitori che assistevano ad una partita di allenamento dei propri figli che militano nella categoria giovanissimi. Non sto qui a raccontarvi il fatto, ma tornando a casa di li a poco, mi sono chiesto se queste persone sono veramente in grado di capire e sapere quale sia il ruolo dell’allenatore in queste categorie o quale sia il loro vero motivo per cui mandano i loro figli al calcio (sperano tutti che diventino dei grandi campioni con guadagni faraonici? o che svolgano una disciplina sportiva che con le sue regole, li aiuti ad affrontare la vita di tutti i giorni?). Allora mi sono ricordato di un articolo di Nino Bevacqua che ho letto qualche tempo fa e mi è venuta voglia di riproporvelo con la speranza che arrivi fra le mani di alcuni di quei genitori e li faccia riflettere e capire che un allenatore del settore giovanile, prima di tutto è un “educatore”…………….. L’articolo diceva questo:

 

Problema spinoso quello dell’allenatore-educatore, che deve contemperare l’esigenza tecnica, legata al risultato, alla prestazione, alla richiesta della società, dei genitori, degli atleti all’esigenza educativa: l’imparare cioè a star bene insieme al di là del risultato.

Per questo durante il Corso per educatori sportivi , con numerosi allenatori abbiamo riflettuto su questi quesiti:

• è possibile educare mentre si spiega in campo un gesto tecnico?

• esiste un valore formativo-educativo nella tecnica individuale e di squadra?

• quali potrebbero essere delle idee/strategíe di un allenatore per rendere veramente educativo l’insegnamento di un gesto tecnico?

 

Il valore dell’allenamento

 

Il ruolo dell’allenatore, sia esso di settore giovanile o di prima squadra, va oltre l’insegnamento del gesto tecnico, deglì schemi tattici e dell’allenamento muscolare. Allenare è educare, e l’allenatore dovrebbe essere un protagonista attivo di esperienze formative non frustranti dei ragazzi che gli si affidano.

Soprattutto nei settori giovanili c’è bisogno di imparare giocando, in un clima psicologico gratificante e stimolante in cui l’istruttore diventa modello comportamentale da seguire.

In partìcolare, un gioco di squadra racchiude in sé elementi quali:

• la socializzazione;

• la comunicazione;

• un coinvolgimento emotivo particolarmente alto specie durante la gara;

• l’applicazione della componente intellettivo-cognitiva, capace di affrontare e risolvere problemi che frequentemente sì presentano nelle infinite situazioni del gioco;

  • la componente motoria che permette un sempre maggiore controllo del movimento assieme all’aumento della prestazione dell’atleta.
  •  

 

Tutto questo permette di formare in modo completo l’uomo, il ragazzo, il

bambino-giocatore che si gioverà anche di tutte le esperienze derivate dalla pratica sportiva per affrontare la vita di tutti i giorni.

 

 

 

Dal gesto tecnico all’educazione

 

L’apprendimento di un gesto tecnico o di un movimento segue diverse fasi che passano dalla comprensione del movimento, alla rappresentazione mentale, per finire all’attuazione globale con relativa analisi.

Per eseguire un gesto tecnico corretto e per poterlo quindi ripetere occorre che coincidano esattamente la rappresentazione percepita, l’immagine sentita e quella attuata.

Riteniamo l’allenatore-educatore colui che conoscendo i meccanismi di acquisizione del gesto tecnico (efficace, economico, corretto) è in grado di ” immedesimarsi ” nell’animo dei ragazzo, intuirne gli errori ed applicare l’adeguata e ” amorevole ” correzione.

Tutti gli sport possiedono una forte incisività formativa, educativa e socializzante se proposti con giusti criteri psicopedagogici.

Nell’insegnamento di un gioco di squadra, specie quando si ha a che fare per la prima volta con un gruppo di atleti siano essi giovani od adulti, è necessario affrontare l’attività di allenatore con metodo. E’ importante la capacità di osservazione del tecnico per valutare il livello iniziale

dal quale partire per fornire appropriate proposte di lavoro; è difatti basilare che le proposte rispettino le capacità degli atleti.

Esse non devono essere né troppo facili, né troppo impegnative per stimolare ed ottenere la massima attenzione e disponibilità tecnico-mentale.

Per lo stesso motivo si dovranno fissare degli obiettivi quantificabili e forniranno il riferimento oggettivo dell’esito del compito e quindi la valutazione finale. Questo ciclo dovrà poi essere ripetuto per obiettivi più difficili che tengano conto degli apprendimenti acquisiti formando una “catena didattica” nella quale l’ultimo anello sia frutto della corretta e salda coesione di quelli precedenti. Il gesto tecnico, che va acquisito secondo oculate progressioni didattiche, è importante strumento educativo su più versanti:

  • psicomotorio, in quanto migliora i vari aspetti di tipo coordinativo;
  •  

  • cognitivo nell’educare, superando l’egocentrismo, alla progettazione e alla concrefizzazione di attività di gruppo;
  •  

  • sociale attraverso il miglioramento della comunicazione, soprattutto non verbale, e quindi il rapporto con gli altri.
  •  

Al gesto tecnico si arriva attraverso la progressione didattica intesa come movimenti e comportamenti tali che assimilati síngolarmente e poi riuniti tra loro portano all’espressione corretta ed armonica del gesto sportivo.

E’ compito dell’istruttore indirizzare il metodo di lavoro per favorire apprendimenti generali che rappresentano le basi non solo del calcio ma in genere di tutta l’attività fisica.

La preparazione generale assume pertanto maggiore importanza nei primi periodi di attività sportiva; la stessa, oltre a realizzare lo sviluppo organico e muscolare, perfeziona le capacità motorie individuali e stimola l’iniziativa generale.

 

 

 

 

Il gioco di squadra

 

I giochi di squadra sono dei validi mezzi di formazione e di educazione e tra i tanti elementi della personalità dell’atleta che essi permettono di sviluppare vi è senza dubbio l’aspetto della comunicazione.

Saper comunicare è un valore molto importante perché in primo luogo favorisce l’aggregazione e la socializzazione, ma serve pure, e specie in un contesto sportivo agonistico, alla organizzazione ed alla collaborazione di individui che assieme devono raggiungere degli obiettivi.

Nei giochi in genere troviamo tutti i tipi di comunicazione, sia quello verbale che quello non verbale e compito dell’allenatore è quello di stimolare tutti quei canali che possono portare ad un miglioramento del rendimento e delle potenzialità di ogni singolo atleta e di conseguenza della squadra.

 

Dopo un corretto percorso formativo che dovrebbe tener conto di tutti i passaggi presentati, l’atleta dovrebbe imparare a rispettare l’allenatore, i compagni e gli avversari; a comprendere il proprio ruolo ed i propri limiti nel gruppo-squadra; a dare il giusto valore al gioco, ma capire che per farlo bene bisogna rispettare delle regole, mantenere degli impegni e comportarsi con correttezza.

Per questo è necessario, visti i tanti abbandoni sportivi degli ultimi tempi, che l’allenatore, pur nella “scientificità” delle proposte, sappia coinvolgere i giocatori con forme di allenamenti divertenti e coinvolgenti, alla ricerca delle motivazioni personali e di squadra.

 

Nella speranza di aver contribuito a riflettere insieme sull’argomento, ricordo a quei genitori che il calcio è un gioco di squadra e se loro la smettessero di essere tifosi esclusivamente dei loro figli, forse e dico forse questo sport “il più bello del mondo” lo sarebbe ancor di più e magari nel futuro, non si ritroveranno in casa un campione di questo sport, ma un campione di vita!!!!!

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