Luis Alberto, il gioco e Simone Inzaghi

22 Giugno 2020

Ciao Mister, oggi ti presento un nuovo ed interessante articolo per MisterCalcio.com su Luis Alberto, il gioco e Simone Inzaghi.

Come possiamo conoscere il gioco senza apprendere dai giocatori?

Come possiamo saperne di più dei giocatori senza una visione sistemica del gioco?

Il gioco e i giocatori

Gioco e giocatori sono elementi così inseparabili che non sempre si riesce a esprimere il proprio potenziale senza un contesto favorevole.

Quando un nuovo elemento entra a far parte di una squadra, ci si aspetta, semplicisticamente, che le sue qualità e capacità s’integrino con quelle dei
compagni.

Come se stessimo parlando di “pezzi” da inserire in un macchinario, senza considerare il nuovo contesto e le nuove relazioni, come se bastasse parlare solo di ambiente.

Interpretiamo l’ambiente come una realtà oggettiva (estrinseca) e il contesto come una realtà percepita (intrinseca).

Tutti noi abbiamo una percezione personale di ciò che ci circonda, per chi agisce, questa percezione ha un valore superiore alla fredda analisi della realtà.

Spesso è capitato che le aspettative che si hanno nei confronti di un nuovo arrivo vengano deluse (“Il giocatore non si è ambientato!..”).

Altre volte però accade il contrario, cioè che un nuovo acquisto sia in grado non solo di adattarsi al contesto, ma anche di influenzarlo per portarlo a un livello superiore di organizzazione.

L’importanza di Luis Alberto

In questo articolo vogliamo soffermarci su come, a nostro parere, un giocatore come Luis Alberto, dopo un periodo difficile di adattamento, sia riuscito a influenzare in maniera determinante il gioco della S.S Lazio.

La prestazione individuale è il frutto dell’interazione delle diverse strutture che contraddistinguono il giocatore (struttura condizionale, coordinativa, socio-affettiva, emotivovolitiva, creativo-espressiva e cognitiva).

In Luis Alberto Romero Alconchel risaltano la struttura coordinativa e creativo-espressiva.

Le sue movenze, quando è in possesso di palla, sono eleganti ed efficaci nello stesso tempo, evidenziando una gran qualità nel controllo e nel dribbling, oltre ad essere tra i migliori uomini-assist del campionato.

Nel primo periodo da titolare con la Lazio, strutturata con un 1-3-5-2, lo spagnolo ha ricoperto egregiamente il ruolo di trequartista alle spalle
di Immobile, aiutando la squadra di mister Inzaghi a diventare il miglior attacco della serie A con ben 89 reti.

Per quanto riguardava quindi il reparto offensivo, sembrava che l’allenatore avesse trovato la quadratura del cerchio, e invece sarebbe stato solo il principio di un’organizzazione ben più imprevedibile e articolata.

Sviluppo di un’organizzazione più articolata

Luis Alberto e la struttura socio-affettiva

In uno sport come il calcio, le qualità tecniche e le capacità fisiche di ogni componente della squadra, non avrebbero possibilità di esprimersi in modo ottimale se non ci si sentisse parte di un collettivo.

Con la consapevolezza che da soli non si può vincere e non si possono raggiungere gli obiettivi prefissati.

Citando Seirul-lo: “Quest’atto di rinuncia individuale e acquisizione collettiva, apre davanti al giocatore di sport di squadra un mondo di nuove necessità affettive con chi deve condividere il successo e il fallimento delle attuazioni sportive”.

La stagione nella quale Luis Alberto ha giocato vicino alla punta (2017/2018), è servita a “scoprire” il potenziale di questo giocatore da parte del mister e dei compagni, che sempre di più si sono affidati alla sua innata capacità di risolvere situazioni complesse con apparente semplicità.

Sentire la fiducia dei suoi pari e dell’allenatore a sua volta, ha permesso allo spagnolo di competere con maggiore sicurezza con sempre più fiducia nei
propri mezzi, sentendosi al centro di un progetto importante e in evoluzione.

Con il tempo è germogliata la sua assertività, intesa come capacità di persuadere e far valere le proprie decisioni attraverso il consenso e il suo modo di sentire il calcio.

In maniera del tutto naturale Luis Alberto, se lasciato libero di esprimersi, tende a offrire soluzioni adeguate alle potenzialità di gioco dei suoi compagni proponendosi come aiuto.

Quando non è lui in possesso e offrendo palloni giocabili in funzione delle caratteristiche di chi deve ricevere il suo passaggio.

Struttura coordinativa e creativo-espressiva

Di seguito proponiamo una sequenza di fotogrammi dove risalta la struttura coordinativa e creativo-espressiva.

Struttura coordinativa e creativo-espressiva
Struttura coordinativa e creativo-espressiva
Struttura coordinativa e creativo-espressiva
Struttura coordinativa e creativo-espressiva

Torniamo a citare Seirul-lo e una sua sublime riflessione sull’assertività: “Il “gioca facile!” degli allenatori, vuole dire, da una prospettiva sistemica, il “gioca assertivamente!”

Cioè, permetti al tuo compagno di aiutarti facilmente, facilita la comprensione del tuo messaggio alle persone.

Loro devono relazionarsi con te, sii onesto con loro, offrendo alternative di soluzioni motorie che lui domina, non generare violenza verso il tuo compagno con le tue proposte”.

Luis Alberto gioca assertivamente, gioca per i compagni soddisfacendo le sue necessità.

Tutto questo e molto altro (più avanti parleremo di gestione della leadership), ha reso la compagine romana una squadra coesa e disposta a cooperare per raggiungere gli obiettivi prefissati.

Luis Alberto e l’assertività

Come si traspone in termini di spazio e tempo il gioco assertivo dello spagnolo?

In un’eccelsa capacità di farsi trovare spesso in grado di ricevere palla, mantenendo la posizione o attaccando gli spazi liberi davanti e alle spalle degli avversari (struttura cognitiva), per dare continuità al gioco.

La posizione di partenza più arretrata (da trequartista a centrocampista) moltiplica le connessioni con i compagni convertendo a tutti gli effetti il “dieci” della Lazio in un superconnettore (o hub della rete).

I superconnettori sono giocatori che hanno una visione olistica ed una gran capacità di relazione con gli altri giocatori.

Fanno tesoro della loro alta considerazione (intrinseca) nella capacità di saper creare contesti (climi) di fiducia e della loro generosità.

Dare più possibilità di gioco ai loro compagni, questo è il loro compito superiore.

Questi tipi di giocatori gioiscono di più regalando un passaggio o mantenendo il gioco più che segnare un goal” (Seirul-lo).

A seguire Luis Alberto come superconnettore.

Luis Alberto super connettore

Luis Alberto superconnettore
Luis Alberto superconnettore
Luis Alberto superconnettore
Luis Alberto superconnettore
Luis Alberto superconnettore
Luis Alberto superconnettore
Luis Alberto superconnettore
Luis Alberto superconnettore
Luis Alberto superconnettore

L’abbassamento di Luis Alberto a centrocampo ha fatto si che un altro giocatore con spiccate qualità tecniche possa coprire il ruolo di seconda punta.

Si è formato così un “pentagono” di autorganizzazione nel corridoio centrale fra elementi con caratteristiche diverse ma complementari fra loro (Luis Alberto, Milinkovic, Correa o Caicedo, Immobile, più un equilibratore come Leiva costantemente in sostegno).

In definitiva: il cambio di ruolo di Luis Alberto da trequartista a super connettore conferisce al sistema una maggiore complessità.

Luis Alberto superconnettore
Luis Alberto superconnettore

Struttura emotiva-volitiva e condizionale

Infine, l’ottimizzazione della struttura socio-affettiva in Luis Alberto e quindi il consolidamento delle relazioni fra lui e i giocatori ha provocato un maggior coinvolgimento all’interno del gruppo e una grande abnegazione allo sforzo (struttura emotiva-volitiva e condizionale).

Questo anche quando la squadra non è in possesso, rendendosi protagonista di recuperi difensivi difficili da prevedere fino a poco tempo fa.

Ogni giocatore è un sistema biologico, psichico e sociale indivisibile (Capanna).

Dalle prossime immagini vedremo come anche in difesa organizzata ed in organizzazione difensiva, Luis Alberto si senta responsabilizzato nel suo ruolo di centrocampista, portando pressione in avanti o ripiegando a difesa della porta.

L’importanza di Luis Alberto in organizzazione difensiva
L’importanza di Luis Alberto in organizzazione difensiva

Luis Alberto come attrattore del sistema

Per avere un’idea più chiara della funzione che copre lo spagnolo nel modello di gioco della Lazio, proviamo ad addentrarci, pericolosamente e superficialmente, vista la complessità dell’argomento, in uno dei concetti più affascinanti della teoria della complessità.

Il concetto di attrattore, utile a comprendere i
comportamenti dei sistemi complessi.

Sappiamo, ormai, che una squadra di calcio è a tutti gli effetti un sistema complesso con tutte le sue caratteristiche (aperto, adattivo, ecc.), fra le quali quella di essere dinamico e imprevedibile.

La stessa naturalezza del fenomeno calcio è intrisa di porzioni rilevanti di caos che si cerca di limitare con maggiore o minore successo, attraverso il modello di gioco e soprattutto attraverso la capacità di autorganizzarsi dei giocatori.

“L’Attrattore è una regione dello spazio delle fasi la quale attrae, proprio come una calamita, il sistema a lungo andare” (Gandolfi).

Quindi quell’imprevedibilità di cui parlavamo in precedenza assume, a lungo andare, delle regolarità che offrono al sistema una peculiare identità, proprio grazie all’attrattore.

La riflessione che intendiamo esporre è la seguente.

Luis Alberto, viste le sue caratteristiche e l’alto grado di socio-affettività con i compagni di squadra, potrebbe essere considerato un attrattore del gioco della Lazio.

Nonostante la variabilità delle condizioni iniziali, il sistema tende (in fase di possesso) a orientare il centro del gioco verso la “regione” dello spagnolo.

La considerazione è che, sia attraverso il gioco sul corto che attraverso il gioco diretto, la palla inesorabilmente “cade” ai piedi del centrocampista.

Come attrattore del sistema (gioco), fa emergere, di conseguenza, comportamenti per lui naturali (benefattore) e vantaggiosi per i compagni (beneficiari).

Per fare un’analogia, immaginiamo Luis Alberto come un corpo celeste nello spazio (per noi un campo di calcio), con maggior massa (maggior peso) degli altri corpi.

Quindi, in grado di deformare l’area adiacente a lui per attrarre a sé il pallone, come un buco nero con una massa grandissima attrae tutto ciò che lo circonda.

La massa

Il Leader Sistemico, Simone Inzaghi

Il leader sistemico

“Il leader valorizza i giocatori come esseri in grado di trasformare contesti” (Oscar Cano).

L’alto livello di socio-affettività e, di conseguenza, del gioco finora espresso dalla Lazio non si sarebbe manifestato senza un leader (allenatore), in grado di far esprimere la squadra ottimizzando le qualità di ogni giocatore, nel nostro caso di Luis Alberto in particolare.

Tradizionalmente l’idea dell’allenatore come leader viene associata a quella di una figura autoritaria, abituata a decidere da sola, a prendersi tutte le responsabilità delle scelte, ad avere tutto sotto controllo e a delegare poco.

Con il tempo e attraverso un approccio complesso della visione della realtà, il leader si sta trasformando in un facilitatore di contesti.

Questo per favorire le relazioni fra ogni elementi del sistema-squadra (staff tecnico e sanitario, giocatori, dirigenti, magazzinieri, ecc.), per diventare quello che noi chiamiamo: un leader sistemico (cioè che coinvolge l’intero sistema).

L’etimologia della parola “sistema” deriva dal greco “synisthimi”: “porre insieme “.

Partendo dalle origini della parola e pensando all’espressione del sistema S.S.Lazio, possiamo affermare dunque come Simone Inzaghi abbia posto insieme più elementi complessi in un tutto organico e funzionalmente unitario, abbracciando la complessità del mondo in cui è immerso, il calcio.

Accetta, conosce e riconosce che non può avere tutto sotto controllo, con la consapevolezza che “il tutto è maggiore della somma delle parti” (Aristotele).

Per questo la leadership collettiva diventa l’arma in più per cercare di far evolvere il sistema verso livelli più alti di organizzazione.

Il leader sistemico dà energia, visione, crea condivisione di valori, favorisce l’emergenza dell’intelligenza distribuita (Minsky).

Inzaghi nella sua permanenza alla Lazio, come allenatore pone l’accento sempre più nelle relazioni, la sua intelligenza relazionale (Gardner), gli permette di avere una grande sensibilità nel leggere e interpretare situazioni sociali oltre a individuare il potenziale tecnico-tattico e socio-affettivo di questa Lazio.

Conclusione

In conclusione, più che del vecchio modo di intendere la Leadership, c’è bisogno di conoscenza, di saggezza.

Oggi un leader per essere efficace deve saper relazionarsi con la complessità.

Il leader

«E’ uno spettacolo, mi dà molto affetto.

Quando sono arrivato, forse non sapeva neanche come mi chiamassi, ma mi ha sempre trattato bene. Nei momenti difficili mi è sempre vicino, ma non solo a me.

Ha un modo di fare molto famigliare. E’ stato calciatore e sa quando abbiamo bisogno di un pò più di libertà.

Se hai un problema famigliare, ne parli con lui.»

Luis Alberto riferendosi a Simone Inzaghi.

Ciao Mister, spero sia stato un articolo che ha suscitato interesse.

Continua a seguirci su MisterCalcio.com.

Ciao,

Marco Monteleone e Massimo Augusto

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