Allenamento per principi nel calcio

11 Febbraio 2019

Ciao a tutti, mi presento sono Marco Monteleone e sono contento di presentarvi il mio primo articolo per MisterCalcio.com che tratta i principi di gioco.

“Il principio non è tale perché è chiaro; non è principio per ciò che dice, ma perché tutti lo dicono, perché si dice” (pensiero ispirato allo Stoicismo).

La squadra da singolo a collettivo

Allenare una squadra di calcio è far sì che diverse coscienze individuali diventino parte di una coscienza collettiva.

Tutta la squadra deve arrivare a pensare come un unico organismo dove i comportamenti individuali siano il mezzo per un obiettivo comune, considerando le esigenze del singolo, ma a favore del gruppo.

Le qualità tecniche, tattiche e mentali di un giocatore, devono moltiplicare le possibilità evolutive del Gioco che a sua volta farà crescere il giocatore stesso.

Per esempio, un calciatore che ha la tendenza a dribblare gli avversari diretti, normalmente viene considerato egoista per diversi motivi (tende a perdere il tempo della giocata collettiva, è fine a se stesso e non utile alla squadra…ecc.).

Può accadere che a quello più bravo tecnicamente venga preferito quello che, diciamo così, “si immoli alla causa” con tanta abnegazione ma con minori qualità tecniche.

Eppure il Gioco, dovrebbe esaltare le caratteristiche dei giocatori, meglio ancora se più dotati a livello tecnico/tattico, mettendo in condizione “l’artista” di esprimersi.

Qual è la chiave per raggiungere quest’armonia?

Si potrebbe rispondere con due parole:

  • condivisione;
  • consapevolezza.

Condivisione dei principi di gioco e consapevolezza di far parte di un tutto nella propria individualità.

I compagni del giocatore più tecnico, per esempio (diventando benefattori), potrebbero facilitargli la possibilità di ricevere il pallone in una posizione a lui favorevole (beneficiario).

In seguito cercare continuamente linee di passaggio per generare incertezza agli avversari.

L’artista” a sua volta, raggiunta la consapevolezza dello sforzo dei compagni per farlo esprimere al meglio sarà maggiormente incline a cercare la loro collaborazione.

Visto che il suo gioco avrà attratto a sé molti avversari (benefattore), aumenteranno le possibilità di uno dei compagni di ricevere come “uomo libero” (beneficiario).

Nella costruzione di un modello di gioco e di conseguenza in ogni partita e allenamento sarà nostra cura gerarchizzare determinati principi che diano un’identità alla squadra.

Il proposito non è altro che responsabilizzare il giocatore, affinché manifesti permanentemente le sue condotte predominanti e armonizzarle con quelle degli altri” (Cano).

Diventa quindi necessario definire alcuni principi che tutelino il comportamento dei giocatori.

Tali principi rappresentano caratteristiche relativamente invariabili che strutturano il modello di gioco e che nello stesso tempo riducono l’incertezza del giocatore diminuendo i tempi di reazione.

I principi devono quindi avere uno stretto legame fra le capacità dei giocatori di interagire e le loro emozioni.

Bisogna “partire da quello che fanno meglio per arrivare al meglio di quello che possono fare” (Cano).

Occorre però, per chiarire il concetto, distinguere una regola da un principio.

Alle regole si obbedisce, ma un comportamento dettato dalle regole non diventa parte del giocatore, che agirà in modo automatico senza capirne sempre il senso.

I principi, in quanto tali, vengono interiorizzati e il gioco che ne conseguirà sarà frutto di una comprensione più profonda.

La differenza tra principi e regole

La differenza tra principi e regole sta in questo concetto che ora vi espongo.

Mentre la regola prescrive un comportamento specifico preciso (“non si passa col rosso”), il principio invece indica un valore che deve essere perseguito.

Dunque, mentre la regola ha un contenuto prescrittivo preciso predeterminato, il principio non ci dice esattamente come ci si deve comportare in ciascuna situazione.

Al contrario, lascia aperte diverse scelte pratiche attraverso le quali il valore può essere perseguito” (Ichino).

Questo concetto che giustifica un apprendimento intenzionale e non un apprendimento astratto, Vitor Frade (padre della Periodizzazione

Tattica) lo spiega con una frase: “Sapere sul saper fare”.

La comprensione del gioco si realizza quando si associa il saper fare (che porterà a creare interazioni) con il sapere sul saper fare (che provocherà “interazioni intenzionalizzate”), cioè azioni generate dalla comprensione globale del gioco.

Affinché una squadra abbia una propria identità di gioco si deve partire da un’idea generale per poi distinguere una serie di principi che saranno gerarchizzati in base alla loro complessità.

Secondo la periodizzazione tattica si suddivideranno in:

  • principio generale;
  • sotto principio;
  • sotto-sotto principio.

Dal generale al particolare senza però perdere il senso del tutto.

Esercitazione 8 contro 8 + 2 portieri

Ricordo un episodio della mia esperienza didattica all’Almeria (all’epoca in serie A spagnola) di Juanma Lillo.

Riguardava un’esercitazione (8>8 + 2 portieri), per lavorare in particolare la fase di non possesso nella sotto fase di difesa organizzata dove il principio difensivo era:

  • recupero della palla durante la costruzione del gioco dal basso dell’avversario;

Sotto principio: portare la pressione sulle fasce al portatore e ai potenziali ricevitori.

Costruzione del gioco dal basso e pressione

In campo ridotto due squadre si affrontano per cercare di concludere a rete (2 punti) e/o far transitare il pallone all’interno delle porticine centrali (segnalate da coni da campo) difese dai giocatori stessi (1 punto) per indurre ad attaccare il corridoio centrale.

L’esercitazione mi sembrava ben costruita e, in effetti, i giocatori riuscivano a recuperare il pallone nelle zone laterali con un pressing ben organizzato.

Mister Juanma Lillo però, dopo pochi minuti, interruppe l’esercizio non contento della dinamica del gioco.

Gli chiesi, a fine sessione, perché avesse fermato l’allenamento quando sembrava che procedesse bene.

Mi spiegò che i giocatori stavano compiendo gli obiettivi prefissati, ma l’esercitazione era decontestualizzata rispetto al senso globale del gioco.

Mi fece notare che troppo facilmente il pallone arrivava sulle fasce (senza movimenti opportuni di dissuasione di passaggi centrali) per permettere agli avversari di provare il pressing richiesto.

Finì la sua spiegazione con questa frase: “si giocava per pressare invece di pressare per giocare!”.

Conclusione

Dobbiamo fare attenzione nelle proposte didattiche in allenamento, molte volte per lavorare su determinati principi si rischia di snaturare il gioco della squadra.

La difficoltà per noi allenatori consiste proprio in questo: non basta allenare i principi di gioco separatamente, ogni principio deve essere parte integrante del Gioco.

Questo mio primo articolo è giunto alla conclusione con la speranza che vi sia piaciuto.

Ditemi cosa ne pensate nei commenti e, perchè no, esprimete un vostro parere anche votandolo con le stelline di sotto!

A presto,

Marco Monteleone.

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