Organizzare nella complessità: l’autorganizzazione nel calcio

1 Giugno 2020

Ciao mister, ti presento il mio nuovo articolo per MisterCalcio.com su come nel calcio organizzare nella complessità con autorganizzazione.

L’evoluzione del calcio

Negli ultimi anni si sta esaurendo la spinta delle scienze moderne allo studio e all’evoluzione del calcio.

Nei decenni passati il calcio è stato considerato come una somma di elementi condizionanti presi in esame separatamente (parte fisica, tecnica, tattica e psicologica) concentrandosi su fenomeni semplici.

“Si tratta di procedere smontando un meccanismo complesso e riducendolo a tante parti, sufficientemente piccole da poter essere ben capite nei loro processi evolutivi e descritte da leggi” (De Toni).

I risultati ottenuti con questo metodo di ricerca e risoluzione dei problemi hanno portato, anche se solo settorialmente, a notevoli miglioramenti.

Miglioramenti dal punto di vista fisiologico, psicologico e tecnico-tattico, concentrandosi sulle semplici parti e ignorando la complessità nella quale è immerso il calcio.

Tutto deve essere quantificato, i numeri devono servire a dare l’illusione di un controllo dettagliato di qualcosa che per sua natura non può essere controllato completamente.

Abbiamo estrapolato nozioni dalla fisiologia e da altre scienze, utilizzato periodizzazioni annuali di sport individuali e lavorato separatamente su aspetti che in realtà sono indivisibili.

La parte fisica con il preparatore atletico, la parte tattica con l’allenatore, la parte psicologica con lo psicologo o il mental coach, la parte tecnica, separata dal gioco, con il maestro della tecnica.

Circondarsi di specialisti competenti, da parte dell’allenatore, diventa importantissimo.

Questo solo se, le loro conoscenze sono convogliate, separando il meno possibile, verso la crescita individuale del calciatore all’interno di una realtà superiore.

Questa realtà è il gioco, che a sua volta migliora il giocatore.

L’allenamento analitico considera i giocatori solo come un serbatoio da riempire con idee e concetti preconfezionati.

Non più una ricchezza dalla quale attingere informazioni per un’ottimale gestione del patrimonio umano a disposizione.

Se prima la metodologia tradizionale (riduzionista), poteva ritenersi sufficiente, adesso si cerca di approcciare al problema diversamente.

In che modo si è evoluto il calcio?

Studiando la realtà senza impoverirla, attraverso la teoria della complessità che si occupa dello studio dei sistemi complessi adattativi.

“Sistemi caratterizzati da numerosi e diversi elementi e da connessioni numerose e non lineari, che cercano di adattare le loro caratteristiche in modo da massimizzare le possibilità di evoluzione” (Alberto F. De Toni e Luca Comello).

Possiamo definire una squadra di calcio in azione come un sistema di elementi che interagiscono fra loro contro un sistema di altri elementi che disturbano questa interazione.

Passiamo quindi da un modello tradizionale a un modello complesso.

Il vecchio paradigma tende a costruire stabilità, prevedibilità e poco rischio (fail-safe world).

Il nuovo paradigma si basa sull’assunzione che il futuro è imprevedibile e turbolento, che è quindi importante governare l’instabilità per tenersi aperte tutte le opzioni (safe to fail world).

Sostanzialmente, il vecchio paradigma è più comodo per chi gestisce, più tranquillizzante nel breve termine per chi ha investito, ma certamente meno rispondente alla realtà del mondo che ci circonda e allo sviluppo a lungo termine” (Roberto Costantini da De Toni).

Grafico modello manageriale classico e complesso

Modello manageriale

Nella figura è rappresentata la differenza tra il modello manageriale classico e quello complesso nella gestione delle imprese.

Gli studi sull’autorganizzazione si sono sviluppati nell’ambito imprenditoriale, ma ritengo che gli stessi concetti possano essere utili anche per ciò che concerne la gestione di una squadra di calcio.

L’approccio alla costruzione e gestione dell’allenamento, deve partire da una visione globale del gioco del calcio nella sua complessità.

Deve permettere il generarsi di comportamenti emergenti “dal basso”(dai giocatori e non dall’allenatore), per far fronte a situazioni variabili, non lineari e imprevedibili.

“Un comportamento emergente o proprietà emergente può comparire quando un numero di entità semplici, (agenti), operano in un ambiente, dando origine a comportamenti più complessi in quanto collettività.

La proprietà stessa non è predicibile e non ha precedenti, e rappresenta un nuovo livello di evoluzione del sistema.”(Wikipedia).

Nel nostro caso intendiamo come “entità semplice” il giocatore e come “collettività”, la squadra.

Per spiegarmi meglio, vorrei soffermarmi su un esempio che si utilizza spesso per chiarire la differenza fra un sistema governato da leggi lineari quindi prevedibili e un sistema aperto.

Complesso: la differenza tra gli incroci stradali con impianto semaforico e le
rotonde nella circolazione stradale.

Negli incroci l’automobilista si ferma se il semaforo è rosso e transita se il semaforo è verde, indipendentemente dalla densità del traffico.

In questo caso parliamo di un sistema governato da un regolamento imposto (informazione dall’alto, top-down).

Nelle rotonde si devono rispettare alcune semplici regole imposte “dall’alto” di tipo top-down.

Per esempio chi s’immette nella rotonda deve dare la precedenza a chi già vi stia già circolando.

Ma si lascia anche la responsabilità della scelta di transito all’automobilista, con un’organizzazione del sistema anche “dal basso” di tipo bottom-up, favorendo il processo di autorganizzazione, per una circolazione più scorrevole.

L’autorganizzazione

Autorganizzazione

Auto-organizzazione, secondo Vicari, è la capacità di risposta senza ricorrere a gerarchia o a meccanismi di coordinamento.

Quello che conta è che collaborino e competano tra di loro.

Non si tratta di lasciare libertà assoluta, ma di favorire un contesto in cui possa nascere auto-organizzazione.

L’auto-organizzazione non significa team autogestiti.

Significa impegnarsi nel guidare l’evoluzione dei comportamenti e delle interazioni, invece che specificare i comportamenti effettivi in anticipo”(De Toni).

Nell’esempio della rotonda riscontriamo un’interazione fra le informazioni che provengono dall’alto e le informazioni che provengono dal basso grazie all’autorganizzazione.

Un processo che avviene anche nel calcio, basti pensare a quando si pianifica una strategia prima della partita e poi si mette in opera quando si gioca.

Perché a volte non accade in allenamento?

A mio parere gli allenamenti devono essere promotori dell’autorganizzazione, proponendo esercitazioni con poche regole di provocazione semplici e specifiche.

Ai giocatori viene “consegnata” la responsabilità della creatività e dell’errore, proprio come avviene durante la partita.

Questo per tre motivi, in realtà inseparabili:

  1. preparare i giocatori a rispondere in modo appropriato e repentino a eventi cambianti e imprevedibili come in una partita;
  2. rendere i giocatori responsabili del proprio giocare, rispetto al gioco del resto della squadra e non meri esecutori di ordini dall’alto;
  3. permettere il generarsi di comportamenti emergenti, (quindi nuovi e non previsti dall’allenatore), che diano la possibilità al modello di gioco di evolversi.

In questo caso l’allenatore deve essere in grado di capire quando dare un rinforzo positivo per comportamenti emergenti e quando dare un rinforzo negativo se le nuove interazioni risultassero irrilevanti.

La metodologia tradizionale, con eccesso di allenamenti analitici e quindi separati dal contesto del gioco, priva i giocatori di responsabilità che ricadrebbe completamente sul tecnico e il suo staff.

È un pò come se preparassimo tutta la settimana gli automobilisti ad affrontare, la domenica, una rotonda attraverso il regolamento degli incroci con impianti semaforici.

In altre parole è come allenare con il “sistema dei semafori”, per giocare con il “sistema delle rotonde”.

In molti casi, un intervento individualizzato e fuori dal contesto di gioco da parte dello staff tecnico è necessario, ma non deve avere il predominio sul tempo dell’allenamento complesso.

Il ruolo della leadership, (dell’allenatore) con le nuove prospettive tenderà a modificarsi.

L’importanza dell’allenatore

L’allenatore dovrà facilitare l’organizzazione anche dal basso con l’obiettivo di favorire e generare l’emergenza dell’intelligenza distribuita (collettiva), fornendo alla squadra degli obiettivi comuni e mostrando un cammino condiviso da tutti.

Il modello di gioco quindi non sarà solo il frutto delle idee previe dell’allenatore.

Sarà il risultato delle interazioni che emergono dai principi che caratterizzano il modello stesso e i comportamenti derivati da tali principi che a loro volta potrebbero generare nuovi principi, senza soluzione di continuità.

“Si parte da una strategia semplice-quella della partecipazione- per generare un comportamento complesso.

È l’opposto della concezione classica, che parte da complicate regole per il controllo, e genera un comportamento semplice”(Ashmos).

Di seguito i due modelli di tipologia di allenatore secondo Oscar Cano Moreno.

Allenatore tradizionale

  • Crede nell’insegnamento, dota il giocatore di tutte le informazioni.
  • Sostiene che il giocatore rispetti funzioni adattive.
  • Ricerca certezze legato al concetto di causa-effetto.
  • Riduzionista minacciato dall’incertezza, il metodo sopra ogni cosa.

Allenatore competente

  • Situa il giocatore al centro del processo di apprendimento.
  • Valorizza i giocatori come essere in grado di trasformare i contesti.
  • Affronta il dubbio come una forma naturale della conoscenza.
  • Fa emergere il metodo dalle capacità dei suoi giocatori.
  • Attribuisce alla complessità, il giusto valore come elemento moltiplicatore di risorse e possibilità.

Ti presento ora due esercitazioni, una analitica e una situazionale proprio per capire insieme quali sono le differenze e gli spunti da cogliere.

Esercitazione analitica

 Uscita della palla analitica
Uscita della palla analitica

Descrizione

Questa esercitazione analitica ha come obiettivo iniziale quello di far conoscere una sequenza prestabilita di passaggi con uscita della palla.

L’azione inizia dal portiere con una trasmissione verso il centrale destro che riceve e trasmette a sua volta al centrocampista centrale che si abbassa per ricevere.

Quest’ultimo si relaziona con una delle due mezzali con palla avanti, palla dietro e ricerca del laterale sinistro in profondità.

Esercitazione situazionale

 Situazionale uscita con palla
Situazionale uscita con palla

Descrizione

L’azione ha inizio dal portiere che trasmette il pallone ad uno dei due centrali.

Quest’ultimo in guida della palla deve cercare la soluzione migliore all’indirizzo di un compagno rosso nel settore 2, o anche per il jolly che gioca sempre con la squadra in possesso che può abbassarsi anche nella zona 1.

L’obiettivo della squadra in possesso è quello di riuscire a servire un componente della squadra, che attacca la profondità entrando nella zona 3 dove indisturbato può concludere di precisione in una delle 3 porticine in soli 3 secondi.

Conclusione

Siamo giunti al termine di questa prima parte del mio articolo per MisterCalcio.com, un pò più lungo del solito ma alcuni aspetti ci tenevo davvero molto nel rimarcarli.

A presto,

Marco Monteleone.

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